75.508. Questo è il numero di aziende certificate ISO 9001:2015 in Italia a fine 2020 secondo Accredia, l’ente italiano di accreditamento.
Autore: Matteo Consagra, Lean Coach, Istituto Lean Management.
Sono ormai 20 anni che collaboro, prima da dipendente poi da consulente, con aziende di ogni dimensione, dalle mega multinazionali alle piccole aziende artigianali. Un elemento le accomuna tutte: qualsiasi attività non essenziale per la continuità operativa viene congelata nei giorni o settimane precedenti la visita di controllo annuale dei certificatori. Tutti sono impegnati a verificare e, eventualmente, ricreare le condizioni indicate nella normativa e nel proprio manuale della qualità.
Accredia ha pure indagato le ragioni per cui le aziende richiedono l’ISO 9001:2015: un peso rilevante riveste l’obbligo legale di certificazione per partecipare ad alcuni bandi e gare; altre forti motivazioni sono costituite dall’indubbio prestigio che l’azienda acquista una volta certificata e dal desiderio in questo senso manifestamente espresso dai clienti.
D’altra parte, la certificazione ha dimostrato di avere un “effetto neutrale” sugli equilibri finanziari e le misure di produttività (Fonte Accredia).
Diventa abbastanza facile, a questo punto, capire perché, per molti, il manuale della qualità sia sinonimo di un sacco di documenti da preparare solo per la visita ispettiva dell’ente certificatore, di burocrazia che rallenta i processi o, ancora, di pura teoria scritta in un tomo che nessuno considera veramente.
LA RIVOLUZIONE DI INDUSTRIE GRAFICHE BRESSAN (IGB)
IGB, una delle organizzazioni con le quali sto direttamente collaborando, ha deciso di ristrutturare completamente il proprio manuale della qualità, affinché diventi uno strumento competitivo di uso quotidiano.
L’azienda negli ultimi anni è cambiata molto a causa di:
- una veloce crescita dovuta, anche, ad alcuni brevetti che stanno incontrando il favore dei clienti, soprattutto nel mondo farmaceutico;
- un cambio generazionale inaspettato e traumatico al vertice;
- il COVID, ovviamente.
Il tipo di clientela e la volontà dell’azienda di competere su qualità e servizio hanno sempre spinto l’azienda a sviluppare, tracciare e implementare pratiche eccellenti, “da manuale”. E questo è andato bene fino a che i cambiamenti non hanno iniziato a susseguirsi con sempre maggiore velocità e magnitudo.
CHI È RESPONSABILE DELLA GESTIONE DEL MANUALE DELLA QUALITÀ
Tre anni fa si sono resi conto che qualcosa doveva cambiare nel profondo della struttura. Hanno quindi iniziato il loro viaggio nel lean management:
a) hanno ripensato la propria strategia per i successivi 3-5 anni e a come declinarla a tutti i livelli (il processo che nel lean viene chiamato hoshin kanri);
b) sono partiti con un progetto pilota che ha velocemente dato ottimi risultati;
c) hanno esteso l’approccio ad ogni area dell’azienda (“go deep and then go wide!”).
Tutti questi cambiamenti dovevano, però, trovare riscontro nel manuale della qualità. E dico “però” perché è emerso immediatamente che la fruibilità e la possibilità del classico manuale di essere aggiornato alla “vecchia maniera” avrebbe o ingessato l’organizzazione o reso obsoleto il manuale in brevissimo tempo.
Mantenere allineata teoria e pratica è possibile solo se la responsabilità di farlo è condivisa e arriva ai livelli più periferici dell’organizzazione. È una transizione traumatica in molti casi, ma rimanere ancorati alle vecchie pratiche lo sarebbe di più nel lungo periodo in termini di capacità dell’organizzazione di evolvere.
Da circa 6 mesi è partita la rivoluzione. Hanno deciso di ristrutturare i ruoli e le responsabilità di tutta l’organizzazione a ogni livello e di fare ordine e pulizia tra tutte le pratiche e i processi fino a quel momento in atto. Utilizzando alcuni degli strumenti appresi nei progetti precedenti, hanno iniziato a mappare i reali processi in atto a tutti i livelli, in funzione delle responsabilità.
MAPPARE E ASSICURARE LA STABILITÀ DEI PROCESSI
La mappatura di un processo permette di vedere come si svolge nella realtà e di far emergere le anomalie e gli sprechi annegati nella battaglia quotidiana e, quindi, rimuoverli o almeno calmierarli. Ciò che rimane va stabilizzato attraverso la definizione degli standard operativi (job instruction), che fungono da riferimento per i successivi miglioramenti.
Mappare significa:
1) rappresentare visivamente lo stato corrente, “as is”, attraverso ad esempio strumenti quali le SWIMLANE o MAKIGAMI. In un’unica vista si vedono gli attori coinvolti, le azioni di dettaglio che questi compiono e i principali parametri di performance del processo;
2) la definizione del processo “to be” migliorato;
3) il piano di azioni per passare da “as is” a “to be” (utilizzando degli A3);
4) l’aggiornamento degli standard di lavoro in funzione del nuovo processo disegnato (Job instruction).
TRACCIARE LA FORMAZIONE DEL PERSONALE
Una delle linee strategiche di IGB si chiama “l’azienda la fanno le persone”.
La crescita e la formazione di tutto il personale è diventata una colonna portante dell’organizzazione stessa. La trasmissione delle competenze relative alle nuove job instruction avviene utilizzando l’approccio del Training Within Industry (TWI) per assicurare il reale apprendimento.
Per tracciare la diffusione delle competenze hanno anche sviluppato un software in grado di:
1) registrare le mappature del processo;
2) associare le job instruction a ogni step;
3) associare le job instruction ad ogni persona che dovrebbe essere formata
in base ai ruoli;
4) visualizzare il livello di formazione per ciascuna job instruction.
I processi presenti in una organizzazione arrivano a essere centinaia.
Un lavoro di mappatura come iniziato da IGB non sarebbe possibile se non coinvolgendo tutte le risorse al loro livello di responsabilità. Solo con un approccio distribuito, inoltre, è possibile sostenere l’aggiornamento delle pratiche in funzione dei miglioramenti individuati o dei cambiamenti nel contesto.
IGB è in piena fase di transizione. Il travaso del manuale nel nuovo approccio è ben lontano dall’essere terminato, ma già sono emersi moltissimi spunti di miglioramento e ottimizzazione, distribuiti a ogni livello. Gli spunti verranno gestiti direttamente dai responsabili dei processi e dai loro team.
In questi giorni, infine, il nuovo approccio sta affrontando il primo banco di prova: la visita ispettiva (virtuale) di uno degli enti certificatori. Le reazioni degli ispettori sono state diverse: alcuni inizialmente critici e sospettosi, altri da subito entusiasti.
Per entrambi, subito o dopo poco, emerge la consapevolezza di avere a che fare con un sistema vivo e vitale, più agile di qualsiasi manuale perché integrato nelle routine quotidiane reali di ciascuno nell’organizzazione, dalla direzione all’apprendista.
Quindi, cosa aspettate a far diventare realtà quella che spesso è solo teoria nel manuale della qualità?
L’ AUTORE
Matteo Consagra, Lean Coach, Istituto Lean Management
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