Esplorare un paese non richiede necessariamente di viaggiare fisicamente: a volte per conoscere una cultura è interessante approfondire il significato di qualche parola particolare.
L’ho fatto recentemente con una parola giapponese: omotenashi.
I significati di questa parola sono due: “sincero, disinteressato” e “soddisfare, completare, mettersi al servizio dell’altro” e vogliono rappresentare l’attenzione verso l’ospite che, nella cultura giapponese, è disinteressata e volta a soddisfare completamente le sue esigenze.
Questa parola è rappresentata in modo particolare dalla tradizione delle geisha, devote a far sentire unici coloro che frequentano la loro sala da the, e dall’antichissimo rituale della cerimonia del the, con le sue regole che ne fanno una vera e propria arte.
Ecco allora che omotenashi descrive il comportamento altruista, basato sull’accoglienza dell’ospite in una esperienza “con” ma anche “per” l’ospite stesso.
Come non trovare in questa parola la radice dell’attenzione al Cliente e al Valore per il Cliente che sta alla base del Toyota Way?
Omotenashi è infatti un servizio perfetto, in tutti i dettagli, che ha l’intenzione di anticipare le esigenze del Cliente, se non addirittura di andare oltre le sue aspettative.
Ecco perché su questo atteggiamento, profondamento pervasivo nella cultura giapponese, ha trovato terreno fertile il concetto di Valore per il Cliente, la cura dei dettagli con l’eliminazione del superfluo, che da sempre caratterizzano il metodo Toyota e che noi occidentali abbiamo codificato nei primi principi del Lean Thinking.
Ho provato a pensare se nella nostra cultura esiste un concetto simile, che comporti l’attenzione verso il Cliente in modo così esplicito e diretto: al momento non ci sono riuscito, anche se la figura del “maggiordomo” mi sembra che potrebbe avvicinarcisi.
E questa mia incapacità potrebbe in parte spiegare le difficoltà che spesso incontriamo nel guardare al Cliente: diciamo a volte che “il Cliente ha sempre ragione”, presupponendo che tocchi a lui esplicitare le sue richieste, ma non sempre riusciamo ad anticiparle, ad essere perfetti senza sentirsi dire cosa serva per esserlo.
E quali sono gli atteggiamenti utili a sviluppare anche in noi questa attenzione verso il Cliente?
Ne elenco tre che ritengo importanti:
- Spirito di osservazione, per cercare di capire il più possibile le esigenze e le attese del Cliente.
- Ascolto dialogante, perché è dal dialogo e dall’ascolto attivo che nascono le idee migliori per soddisfare il Cliente.
- Attenzione al dettaglio, in tutta l’esperienza complessiva che si vuole far vivere al Cliente: prima, durante e dopo l’acquisto o l’uso del bene o servizio.
Sono delle pratiche e degli atteggiamenti che vale la pena provare a praticare se i risultati possono essere quelli raggiunti da molte aziende giapponesi, ritenute delle eccellenze per i livelli di servizio in molti settori industriali.
E quindi quali potrebbero essere le modalità per integrare omotenashi nei nostri processi aziendali?
In una azienda che lavora per commessa potrebbe voler dire che:
- In sede di trattativa, il commerciale ascolta il cliente per capire le reali ragioni che lo spingono all’acquisto e quali saranno i criteri con cui verrà valutato , senza limitarsi a proporre quanto è conveniente per l’azienda produttrice.
- In fase di progettazione, il tecnico inserisce nel progetto quanto richiesto dal Cliente ma con una particolare attenzione alla facilità d’uso, a semplificare le operazioni di pulizia o di attrezzaggio e a rendere agevole gli interventi di manutenzione professionale.
- Dopo la consegna e l’installazione, il tecnico post-vendita garantisce al Cliente una presenza attenta per l’aggiornamento tecnologico e per la formazione all’uso di nuove funzionalità o in occasione dell’inserimento di nuovi operatori presso il Cliente.
Ma anche all’interno dei processi aziendali, omotenashi potrebbe essere declinato in modo da creare valore:
- In previsione dell’arrivo di una nuova persona in ufficio, si preparano in anticipo il posto di lavoro e l’abbigliamento ma si potrebbe organizzare, al posto della solita presentazione formale, un incontro di conoscenza con il team, magari davanti ad un pezzo di torta…
- Quando si ritiene necessaria la formazione sui processi e attività del reparto o dell’ufficio, l’utilizzo delle Job Instruction codificate dal TWI è sicuramente un modo per mettere la persona a proprio agio ed in grado di sentirsi da subito utile e produttiva, facendole apprezzare l’attenzione e il tempo dedicato da parte del supervisore alla sua formazione.
- Nella gestione ordinaria del personale ed in occasione dei piccoli o grandi problemi che si presentano nelle relazioni con le persone, l’uso delle Job Relations, sempre come codificate da TWI, unite ad una cura speciale per il modo di comunicare, possono aiutare il supervisore a compiere i passi corretti e a far percepire ai collaboratori/ospiti una genuina attenzione, per loro e per il valore del lavoro che stanno svolgendo.
Sono in fondo pratiche e tecniche ben conosciute, ma ricevono da un approccio omotenashi un surplus di valore che le rende concretamente il nostro modo di aver cura del Cliente o del collega/collaboratore.
In fondo l’obiettivo è semplice: mettere il Cliente e la persona al centro, cercare di renderlo felice, senza attendersi nulla in cambio.
Questa è, in fondo, la vera essenza di omotenashi.
L’AUTORE
Giuseppe Acquasaliente – Lean coach – Istituto Lean Management
Post Scriptum – Tutte le informazioni e le opinioni espresse in questo articolo sono frutto di lavoro umano, senza l’intervento di intelligenze artificiali.