Le intelligenze artificiali (chatGPT e sorelle varie) sembrano essere al momento un perfetto esempio di condivisione della conoscenza: basta fare una domanda ed ecco che la “macchina” risponde condividendo tanto di quello che è conosciuto.
La lettura estiva del libro “La scorciatoia”, scritto da Nello Cristianini, docente di Intelligenza Artificiale all’università di Bath, mi ha spinto ad alcune riflessione che vorrei condividere.
Nel libro l’autore spiega che le intelligenze artificiali, a fronte delle domande, formulano la risposta “statisticamente più corretta” elaborando una enorme quantità di dati tramite i propri algoritmi; questi algoritmi si basano fondamentalmente su una “scorciatoia”: non offrono la risposta “corretta” ma quella composta dalle parole statisticamente più probabili rispetto alla domanda.
Difficilmente nella lingua, scritta e parlata, dopo la parola “buon” ci sarà “funerale” e quindi troveremo a seconda della domanda la parola “buon” seguita da parole come “giorno”, “compleanno”, “anniversario” e questo ci apparirà come concettualmente corretto.
Ma, se questa è la scorciatoia usata per condividere la conoscenza, credo che dovremmo fare attenzione a tre possibili rischi:
- Effetto alone, che si manifesta quando il pensiero dominante su un argomento “offusca” altre espressioni o esperienze perché statisticamente non rilevanti: potremo, per esempio, avere conferma che le donne, a parità di mansione, vanno pagate meno;
- Effetto 3sigma, in cui incappiamo quando statisticamente si considera solo la parte centrale della curva di Gauss, entro +/- 3sigma. Ed il rischio in questo caso è quello di non tener conto di fenomeni “nascenti” che stanno statisticamente al di fuori: potremo così perdere di vista fenomeni come i movimenti per il clima o esperienze come la scuola Penny Wirton;
- Effetto specchietto retrovisore, che si ottiene quando delle risposte “statisticamente corrette”, basate su quanto già conosciuto, ci portano a “guardare indietro” limitando quindi la nostra capacità di innovazione: interrogando l’intelligenza artificiale Henry Ford non avrebbe inventato la linea a flusso e Taichi Ohno non sarebbe ricordato come il padre del kanban.
Mi chiedo allora se la condivisione della conoscenza proposta dalle intelligenze artificiali sia quello di cui abbiamo bisogno in questi tempi in cui i vecchi paradigmi devono essere messi in discussione.
Cambiare i paradigmi vuol dire non seguire il pensiero comune (effetto alone), coltivare le idee nascenti (effetto 3sigma) e sperimentare strade nuove (effetto specchietto retrovisore) ed in tutto questo, per ora, le intelligenze artificiali sembrano mostrare dei limiti.
Siano le benvenute allora se le consideriamo, a mio parere, come un validissimo strumento per “condividere il conosciuto”, capire e farsi presentare lo stato attuale di molte situazioni, per creare in un certo modo la base solida su cui costruire il nuovo.
Coscienti e consapevoli che il nuovo dipende da noi.
Giuseppe Acquasaliente – Lean Coach – Istituto Lean Management
Tutte le informazioni e le opinioni espresse in questo articolo sono frutto di lavoro umano, senza l’intervento di intelligenze artificiali.