“Avere le mani in pasta” è una espressione che ci porta alla mente la preparazione del cibo; vorrei allora proporvi qualche riflessione che nasce da chi “le mani in pasta” le ha sul serio: i grandi cuochi italiani.
Autore: Giuseppe Acquasaliente, Lean Coach, Istituto Lean Management.
Un grande cuoco genera valore per i suoi ospiti e porta rispetto.
In cima a tutto c’è il rispettare chi lavora in cucina, dal primo all’ultimo e dall’ultimo al primo, e lo stesso rispetto va riservato a chi siede ai tavoli. Il cuoco cucina per nutrire. Il benessere dei miei ospiti è la mia priorità”– Davide Oldani
L’attenzione al Cliente, alla sua soddisfazione e all’esperienza a tavola, è il solo criterio che caratterizza e dà significato al grande cuoco: verso il Cliente c’è quindi il massimo rispetto.
Ma tale rispetto lo si deve portare verso chi crea il valore che viene consegnato ai Clienti: nel caso della cucina è la brigata mentre nelle nostre aziende sono i collaboratori, “dal primo all’ultimo e dall’ultimo al primo”.
Nelle nostre aziende questo vuol dire focalizzarsi sul valore, vivere i principi kata e le modalità sensei/deshi nel rapporto con i collaboratori.
Un grande cuoco adatta gli strumenti per generare sempre un valore “nuovo”, a partire dal contesto.
Nella sua cucina, la grandezza si traduce in misura, controllo e padronanza di ogni mezzo, oltre ad una grande visione che, partendo da Modena e dall’Emilia – parmigiano, aceto balsamico, tagliatelle e tortellini tra gli elementi imprescindibili -, arriva a classici internazionali, che lo chef cita e rilegge con giocosa leggerezza, per ricordarvi che il cibo non è una noiosa liturgia, ma divertimento, memoria e cultura.” – Guida Michelin su Massimo Bottura.
Il cuoco si basa su una tecnica eccellente, sulla conoscenza approfondita dei metodi e degli alimenti che si manifesta nella assoluta padronanza del lavoro in cucina.
Ma questo non basta a fare il “grande cuoco”: è sola la base, stabile, su cui costruire una proposta sempre nuova, creativa e che, proprio perché basata sulla padronanza, non è azzardo.
Una cucina che è quindi anche divertimento e cultura, e che proprio per questo è situata nel tempo, usando gli ingredienti stagionali, e nel luogo, considerando le ricchezze del territorio in cui si lavora.
E nelle nostre aziende tutto questo vuol dire usare un approccio al miglioramento basato sul Lean Trasformation Framework proposto da John Shook.
Il grande cuoco ha una chiara Stella Polare e verso di essa orienta i propri continui miglioramenti nella ricerca della perfezione.
L’altro termine è “cucina ri-creativa” e tende a precisare ancor più il concetto di “cucina totale”.
La parola ricreazione significa, etimologia alla mano, ristorare fisicamente e moralmente. Ciò che un cuoco ha in mente e nel cuore tutti i giorni.
Andando un po’ più a fondo, si scopre che in questo contesto il verbo creare, sostenuto da quel ri-va inteso nel senso di vivificare.
Quindi, parafrasando, ricreativo vuol dire, veramente, vivificato di nuovo. È chiaro che non si tratta solo del cibo in sé stesso, ma della cucina tutta.
Una cucina ricreativa si rinnova, non si arrende all’evidenza delle mode o degli interessi costituiti, ma ricrea, vivifica un desiderio di semplicità e di bontà, scaturito dal fatto che il cibo ci sostiene e ci dà piacere.
In altre parole ci ricrea, quotidianamente, più volte al giorno.” – dal sito di Gualtiero Marchesi.
Il cuoco ha sempre chiaro il senso del proprio lavoro: una cucina ri-creativa che soddisfa i desideri di semplicità e bontà.
La tensione verso questo ideale permette di mettere in discussione usanze, mode, concetti precostituiti, il “si è sempre fatto così” per innovare e ri-creare il cibo stesso e l’esperienza del cibarsi, in un processo continuo di miglioramento.
Nelle nostre aziende un approccio simile lo si trova nell’uso della X-matrix e dei principi dell’ Hoshin Kanri nella gestione aziendale.
Ecco allora che chi “ha le mani in pasta” ci conforta in alcune nostre convinzioni.
Per noi dell’Istituto Lean Management, il lean non è tecnica e implementazione ma capacità di creare, a partire dalle risorse del momento e del luogo, un ambiente di lavoro rispettoso delle persone e del Cliente, che punta a generare il massimo valore, minimizzando gli sprechi, e con la tensione costante alla perfezione.
Ma le biografie dei grandi cuochi ci insegnano anche dell’altro.
Attenzione al Cliente, rispetto verso i collaboratori, padronanza tecnica, capacità creativa, ricerca della perfezione non sono un “dono di natura” ma si imparano facendo in cucina, osservando e lavorando con un maestro: tutti i grandi cuochi sono stati all’inizio allievi e parte della brigata di cucina di uno o più grandi cuochi. I loro sensei.
Ed è proprio questa logica di accompagnamento, di una crescita fatta insieme, che permea la proposta formativa dell’Istituto Lean Management, in particolare nei percorsi Lean Practitioner e Lean Professional.
In questi percorsi i principi, i valori, i contenuti e le tecniche sono appresi facendo, collaborando e avendo a disposizione non solo dei formatori, ma dei coach/sensei che accompagnano ciascun partecipante sulla strada della perfezione e della creatività.
Ricordando sempre che un grande cuoco lo si vede in cucina, e un grande pensatore snello … nel gemba.
Perché in fondo vivere il gemba è “avere le mani in pasta”!
L’ AUTORE
Giuseppe Acquasaliente, Lean Coach, Istituto Lean Management
I nostri articoli mirano a contribuire alla diffusione dei concetti Lean. Crediamo che il pensiero snello e la pratica possano aiutare a “fare sempre meglio”.
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