Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”
In questa famosa terzina dell’Inferno (XXVI, 120), Dante definisce la natura umana (vostra semenza) come strettamente collegata alla conoscenza: sarebbero “virtute e canoscenza” a far sì che l’essere umano sia diverso dalle bestie (i bruti).
Molto tempo e molti studi sono passati e i concetti di essere vivente, intelligenza, conoscenza e comunicazione sono stati profondamente rivisti rispetto ai tempi del sommo Poeta.
Ma la comunicazione della conoscenza è rimasta un nodo fondamentale dell’evoluzione scientifica e sociale dell’umanità ed a una prima analisi questo processo sembra avere un verso: da “chi-sa” a chi “ancora-non-sa”, per un “sapere” che deriva da studi, esperienze, maturità e che fluisce solo in quel verso.
Ma è davvero così? O meglio, la conoscenza si comunica solo così?
La nostra esperienza di pensatori snelli e le nostre passeggiate nel gemba ci fanno toccare quotidianamente il limite di questo concetto: per capire un processo, per identificare le cause di un problema, per individuare le contromisure adatte per colmare un gap è sempre necessario chiedere e ascoltare tutte le persone coinvolte.
“Vai, chiedi perché e porta rispetto”: ma chiedere perché vuol dire ammettere che la conoscenza non ha un solo verso e che il sapere è molto spesso, se non sempre, diffuso e le conoscenze esistono nelle persone anche se a volte manca la “consapevolezza del sapere”.
Ma se allora la comunicazione della conoscenza fosse circolare? E se questa modalità non mettesse in gioco solo la formalizzazione , verbale o scritta, del sapere ma anche la capacità educativa di far emergere la conoscenza inconsapevole?
Una attenta e approfondita analisi di queste dinamiche in ambito aziendale è stata condotta da Etienne Wenger che con l’esperienza delle “comunità di pratica” le ha rese evidenti, riuscendo a individuare anche le modalità per creare e far crescere delle comunità efficienti ed efficaci.
Per Etienne Wenger la conoscenza è diffusa, o meglio la scoperta consapevole di parti del sapere trova nelle comunità di pratica il canale privilegiato di comunicazione e di ulteriore diffusione.
Il paradigma della condivisione ( to share) su cui si basano molti dei social network (Facebook, Instagram, TikTok) potrebbe essere proprio la globalizzazione virtuale delle comunità di pratica, dove il sapere, sia esso formale o veicolato da un audiovisivo, viene comunicato e condiviso con tutti.
In quest’ottica potete immaginare quanto sia deleteria e distruttiva la pratica del commento malevolo, della denigrazione dei contenuti a prescindere (to shame).
Le risposte a questo fenomeno involutivo, oltre che etiche, possono essere anche tecniche e quindi come non riconoscere che l’esperimento di Wikipedia sia la più grande esperienza di comunicazione circolare e condivisa di conoscenza consapevole?
Nel “piccolo mondo” del pensiero snello, queste dinamiche sono molto evidenti nel pensiero A3: come ha impeccabilmente e graficamente evidenziato John Shook nel suo libro “Managing to learn”, il pensiero A3 si basa sulla condivisione della conoscenza tra un sensei (maestro) e un deshi (allievo).
Si tratta di conoscenze diverse ma tra loro complementari.
Il sensei condivide e comunica il metodo, la struttura del problem solving strutturato, guidando il deshi non alla risoluzione del problema ma alla comprensione teorica e alla competenza pratica del metodo stesso.
Il deshi, col suo andare nel gemba per condividere con altri il reciproco “sapere”, comunica al sensei la conoscenza del gemba, del processo, scoperta in modo consapevole nelle fasi di riconoscimento dello stato attuale, di definizione dello stato futuro atteso, di ricerca delle cause radice e di scelta delle contromisure adatte per raggiungere lo stato futuro.
Di fronte a questa modalità di utilizzo del pensiero A3, potete ben capire come il suo utilizzo come semplice metodo o contenitore di attività di problem solving sia molto riduttivo.
Ma nelle recenti esperienze di applicazione dei principi snelli da parte di ILM, un’altra sperimentazione ha evidenziato come la comunicazione della conoscenza sia intrinsecamente circolare.
Si tratta della applicazione del metodo educaLEAN alla didattica scolastica (https://planet-lean.com/lean-thinking-italy-high-schools/ ).
La sfida del metodo consiste nel ritenere gli studenti capaci di auto/mutuo apprendimento, supportandoli con un metodo, basato sui concetti Scrum, che li guida e indirizza nel processo stesso.
Nel metodo il compito del docente non consiste nella “erogazione” del sapere (comunicazione a un solo verso o push) ma nella preparazione di un percorso che i discenti, suddivisi in piccoli gruppi, percorrono con i propri mezzi e ritmi, condividendo quanto studiato in modo autonomo, confrontandosi e prendendo consapevolezza della conoscenza.
L’apprendimento avviene quindi tra pari, con la presenza del docente che interviene quando il percorso si “incaglia” o su chiamata da parte di un gruppo, in una modalità comunicativa che diventa “pull” o “kanban teaching”.
Come evidenziato in altri interventi, i risultati di questi esperimenti sono stati molto positivi e in alcuni casi superiori alle aspettative.
Le possibili applicazioni di questo approccio alla formazione anche a distanza, sia in ambito scolastico che aziendale, sono tutte da scoprire: l’analisi della concorrenza, lo studio di una nuova normativa tecnica, la presentazione alla rete di vendita di un nuovo prodotto, la formazione alla sicurezza sui luoghi di lavoro sono tutte possibili sperimentazioni che come ILM saremmo in grado di supportare.
Si, perché ILM si configura come un nodo di questa rete di circolazione di conoscenza, una specie di punto di accumulazione che trova la sua evidenza nei percorsi di formazione multiaziendale, nei quali la conoscenza, il sapere delle varie aziende viene condiviso dai partecipanti e reso consapevole dai trainer di ILM.
Gemba, pensiero A3, comunità di pratica, metodo educaLEAN, percorsi multiaziendali sono tutte esperienze concrete che rafforzano la convinzione che la conoscenza si comunichi in modo circolare, come in uno speciale girotondo del quale tutti abbiamo il diritto e il dovere di far parte: ne va della nostra “semenza”, del nostro essere uomini in cammino.
L’AUTORE
Giuseppe Acquasaliente, Lean Coach, Istituto Lean Management.
Managing To Learn di John Shook
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