Pensare di applicare il concetto di Jidoka su scala globale, non solo dal punto di vista Sanitario, ma anche Economico può essere la via giusta per ridurre al minimo i costi in presenza di situazioni di emergenza come quella rappresentata da Covid-19?
Autore: Roberto Ronzani; Istituto Lean Management.
C’è un pensiero che mi gira per la testa da un po’ di tempo riflettendo sul rischio che corre l’economia italiana, a causa del blocco delle attività, del calo della domanda, della possibile perdita di clienti….
Se il mondo industriale subirà forti colpi, come un domino ci rimetteranno poi i servizi, e, senza le entrate delle tasse, il mondo del lavoro pubblico.
In questo momento molti settori non hanno introiti, se non minimi, vedasi ad esempio l’horeca e il turismo – i primi ad essere colpiti – le costruzioni, negozi di vario tipo, molte attività di consulenza, ecc.
Tutti questi però stanno sopportando continuamente spese, tasse, affitti, canoni di Leasing, canoni di servizi o premi assicurativi, stipendi ai dipendenti – se aziende -, drenando così le riserve che possono avere e mettendo a rischio la sopravvivenza dell’attività.
Altre organizzazioni invece continuano ad avere i loro introiti abituali e i loro dipendenti a percepire l’intero stipendio come se nulla fosse successo.
Molti cercano di tirare l’acqua al proprio mulino, senza pensare a chi è messo peggio, fino agli eccessi rappresentati da quegli insegnanti che volevano un aumento di stipendio per far lezione da casa, in quanto non era previsto dal contratto, o quegli operai che lavorando 6 ore al giorno anziché 8, proporzionalmente pagati, chiedono cassa integrazione per le 2 ore restanti.
Pochi stanno rinunciando a parte dello stipendio, ai contributi integrativi della cassa di appartenenza o facendo addirittura beneficienza a chi ha meno.
E tutti in attesa dei benedetti Eurobond che invece forse verranno sostituiti da altre forme di finanziamento, con vincoli più stringenti.
Detto questo il pensiero mi corre al concetto di Jidoka, inventato da Sakichi Toyoda a cavallo tra il XIX e XX secolo e sviluppato poi da Toyota nel secondo dopoguerra.
Consiste nel fatto che se una fase di un processo inizia ad avere un difetto, l’intero processo viene fermato per evitare che il difetto si propaghi alle fasi a valle, ingigantendosi. Si ripara l’anomalia e si riparte.
Mi è capitato di vederlo applicato due anni fa in Giappone presso Tokai Rika, fornitore di Toyota.
In una linea dove lavoravano una decina di donne ad un’anomalia dell’ultima fase del processo è partito un allarme ed immediatamente tutte le operaie si sono fermate e si sono allontanate dalla linea restando in attesa che il supervisore ripristinasse le condizioni di buon funzionamento.
Sono quindi tornate al loro lavoro ripartendo con ritmo regolare dal punto in cui avevano interrotto l’attività. A parte i pochi minuti di sospensione – comunque un costo per l’azienda – la produzione non ha risentito di altro.
Jidoka “economico”?
Da quell’esempio mi chiedo se e come si possa ragionare in termini di Jidoka al tempo del Covid-19 sul “processo economico globale“, come si sta facendo dal punto di vista della protezione sanitaria.
Prima della crisi la “combinazione” di tutte le attività economiche – il “processo” – bene o male girava, ciascuno svolgeva un lavoro e in cambio veniva per questo pagato. Arrivata l’anomalia c’è stato il blocco, non totale e non immediato, ma solo per una parte del “processo” – le attività non necessarie o quelle con domanda pari a zero -, mentre l’altra parte ha continuato e continua a “lavorare”.
Guardando la cosa dal punto di vista economico, si vede come il cerchio si sia interrotto, il denaro si sposta solo dalla parte che non lavora a quella che lavora, col rischio che alla prima finisca. Un esempio tra tanti possibili per spiegarmi: la società di Leasing percepisce il canone, pagato da chi oggi non ha introiti e che magari non utilizza neanche il bene acquistato.
Tornando al Jidoka, cosa vorrebbe dire in questa condizione?
A mio avviso corrisponderebbe al blocco di tutti gli scambi monetari. Le “attività necessarie” continuerebbero a lavorare – in primis quella di assistenza sanitaria – mentre la altre starebbero ferme, ma nessuno percepirebbe alcun importo; blocco degli affitti, delle tasse, della borsa, delle rate di leasing, delle bollette, degli stipendi anche di chi lavora, ….
Cosa facevano le operaie di Tokai Rika in attesa della riparazione del processo? Aspettavano.
Noi non possiamo aspettare per mesi solo respirando, dobbiamo almeno alimentarci e questo costa.
Nel mese di Marzo infatti la domanda di quasi tutto è calata, salvo quella alimentare.
Ecco, l’unica vera esigenza che ciascuno di noi ha in questo periodo è alimentarsi, ma il costo per fare ciò è sicuramente molto più basso di quello che è lo stipendio medio di qualsiasi lavoratore.
Abbiamo fatto due conti prendendo a riferimento alcune famiglie e singoli e le loro spese alimentari nel mese di Marzo; abbiamo rilevato come si assestino su una media di 9€ al giorno a testa. Arrotondiamo a 10€ – senza contare che se si annullano gli stipendi di tutti, compresi quelli della filiera dell’alimentazione, anche il cibo andrebbe a costare molto meno -.
In Italia siamo in circa 60 Milioni di abitanti e ciò significa una spesa alimentare complessiva di 60 Milioni x 10€ x 30 giorni = 18 Miliardi di Euro al mese.
Ipotizzando che almeno il 70% degli individui in Italia abbia da parte almeno 1.000€ e che non debba pagar nulla salvo il cibo – un articolo di 1 anno fa del Corriere della Sera diceva che il 78% della popolazione Italiana poteva accedere immediatamente a 1.000€ di spesa improvvisa -, ciascuno potrebbe tranquillamente sopportare addirittura 3 mesi di “Lockdown”.
Per l’altro 30% di individui si potrebbe fare affidamento al supporto “pubblico”, alle riserve. Ne conseguirebbe un esborso pubblico di poco meno di 5,5 Miliardi di euro al mese, una cifra enormemente più bassa di quella che sta oggi sopportando e sopporterà. Da ricavare dall’interesse sul debito pubblico pure bloccato.
E anche senza accedere alle risorse “private”, i 18 Miliardi al mese sarebbero comunque un costo molto più basso di quanto invece il Paese sta oggi sopportando e sopporterà.
Le attività economiche sarebbero in tal modo protette e la ripartenza senza alcun ulteriore impatto.
Un’ibernazione temporanea, magari allargata a tutto il Mondo. Un Jidoka mondiale… tra l’altro con altro effetto positivo: deciso tempestivamente e globalmente limiterebbe il tempo di circolo dell’anomalia (il Covid-19) a poche settimane.
Ovviamente con dei costi, come di tutte le azioni di contenimento, e comunque estremamente più bassi di quelli che stiamo affrontando ora e affronteremo nel futuro.
E’ un’Utopia?
Si, è un’utopia, in quanto prevede la presenza di una serie di “valori” e metodi che l’attuale sistema economico e culturale di fatto non contempla:
- il lavoro di Squadra – il teamwork -: l’individuo vince se vince la Squadra. L’organizzazione vince se tutte le persone agiscono come Squadra. Una Squadra “mondiale”, con una Leadership preparata e capace.
- Il Rispetto degli altri, di cui tutti ci riempiamo la bocca ma che quando tocca il proprio portafogli tende a scomparire; prima io poi gli altri, se ce n’è, altrimenti affari loro…
- Capacità di uscire dagli schemi con spirito innovativo e di prendere decisioni sulla base dei fatti verificati e misurati, non basati sulle “idee” di chi in quel momento ricopre il ruolo di Leader, magari malconsigliato.
- Capacità di agire, anche nelle situazioni emergenziali seguendo delle regole condivise, in continua manutenzione e miglioramento. Dalle nostre parti si chiamano “standard” e “kaizen”.
E’ la mancanza di queste condizioni su ampia scala – difficilissimo per la complessità della nostra società – che impedisce di mettere in campo ipotesi come questa.
Ma anche se è solo un’utopia comunque potrebbe darci l’indirizzo, la stella polare verso cui muoversi, il True North.
Cosa poter fare realisticamente
Tornando dall’utopia alla realtà di oggi e considerando che gli studiosi dicono che questo non sarà l’unico di questi eventi, quali sono gli insegnamenti che traiamo e le azioni che dovremmo mettere in campo?
- Verificare cosa non ha funzionato nell’ultimo paio di mesi, sia dal punto di vista sanitario – ad esempio la diffusione del virus negli ospedali e case di riposo – che “economico”.
- Definire nuovi standard da introdurre per contenere il problema, dal punto di vista sanitario ed economico nella direzione del True North.
- Studiare, sviluppare e sperimentare contromisure per cui, anche in presenza di questo tipo di “anomalie”, il “processo” ne sia immune, quali vaccini per gli aspetti sanitari e contromisure nell’organizzazione della società e del modello economico…
Già da ora, e ancor con più forza, la nostra missione è quella di continuare a riflettere su quello che accade nel “gemba” – il nuovo dove si crea il valore – sia esso locale o globale, di impegnarci a diffondere i valori del Lean Thinking e i relativi metodi applicativi, nelle Organizzazioni che continueremo a seguire dopo che questa crisi sarà passata.
Roberto Ronzani, Istituto Lean Management.
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